Intervista a Donato Altomare

 

𝐋’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐫𝐭𝐞𝐝𝐢̀
𝗗𝗼𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗔𝗹𝘁𝗼𝗺𝗮𝗿𝗲
𝑑𝑖 𝑇𝑜𝑛𝑖 𝐹𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑖
• 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐡𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐌𝐨𝐥𝐟𝐞𝐭𝐭𝐚, 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚̀ 𝐝’𝐨𝐫𝐢𝐠𝐢𝐧𝐞?
– Amore e odio.
Amore perché ho passato la mia fanciullezza per le strade della città a tirar calci a palloni fatti di pezza, perché in questa città ho passato la mia giovinezza e arrossito per i primi amori. Qui si è svolta praticamente tutta la mia attività professionale (oltre nove lustri) e qui ho ancora i miei figli, anche se grandi.
Odio perché nonostante il mio curriculum abbastanza ‘pingue’ e nonostante sia una città che sforma decine e decine di manifestazioni ogni anno, nessuno mi ha mai invitato a parlare della mia narrativa. Del resto è risaputo: nessuno è profeta in patria.
• 𝐂’𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨, 𝐭𝐫𝐚 𝐢 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨, 𝐚𝐥 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐭𝐨?
– Più di uno. Citerei Mater Maxima che, oltre ad aver vinto il Premio Urania nel 2000 è stato tradotto all’estero e ha ricevuto commenti entusiastici. Poi Sinfonia per l’Imperatore, Premio Vegetti e Premio Italia. Ci sono molto affezionato in quanto tratta di Federico II, un imperatore che adoro e che è legato al nostro Castel del Monte, un castello misterioso. Surgeforas, vincitore de Le Ali della Fantasia di Solfanelli. E che dire di Wormhole, scritto a quattro mani con l’astronauta Umberto Guidoni? E’ la prima volta che ho scritto un libro con un altro autore. Ma ce ne sono tanti altri. E’ come se mi chiedessi a quale dei miei figli sono più affezionato.
• 𝐂𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐢 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐨𝐧𝐨 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚?
– Assolutamente sì, non molti, vero, ma ci sono e non chiedermi di citarli perché mi spiacerebbe scordarne qualcuno. Specie in campo femminile. In realtà la maggior parte dei buoni autori sono grandicelli. Alcuni molto talentuosi, altri che avevano abbandonato la narrativa di fantascienza da giovani ma sono tornati a riscrivere fantastico. Ciò non esclude che qualche giovane emerge, ma sono di meno di quando eravamo noi giovincelli. Il vero problema non sono gli autori, ma i lettori. Sono davvero pochi i lettori giovani di fantascienza solo perché sono davvero pochi i lettori giovani in generale. Se facessimo un’indagine, scopriremmo che la stragrande maggioranza di lettori (e di conseguenza di scrittori) del fantastico vanno dai 45-50 anni in su. Lo vedo nella World.
Ma per ‘autore’ bisogna intendere anche i saggisti. E qui in Italia ne abbiamo di grandi come Mongini, Calabrese, l’eccelso De Turris, ma anche Fusco ecc. ecc.
• 𝐂𝐢 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐭𝐫𝐞 𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐮𝐢 𝐮𝐧 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐨𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚?
– Una volta per esplorare l’incognito, si scrivevano libri che parlavano degli abissi marini o di foreste sconosciute o di cime inviolate. Erano libri di successo che praticamente tutti i vecchietti della mia età hanno letto. Ma poi ogni angolo della nostra Terra è conosciuto, ogni foresta esplorata, ogni cima raggiunta più volte.
Così non ci resta che la fantascienza.
Si legge fantascienza per scoprire nuovi mondi, nuovi pianeti. Dicono che sono pura invenzione, ma che qualcuno lo dimostri e non si limiti solo ad affermarlo.
Si legge fantascienza per cercare di capire gli errori che stiamo commettendo e dove questi ci stanno portando.
Si legge fantascienza perché è una sorta di fuoco d’artificio che allarga la mente e illumina i nostri pensieri troppo legati alla vita, spesso grigia, che conduciamo.
• 𝐈𝐥 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 “𝐈𝐨, 𝐫𝐨𝐛𝐨𝐭” 𝐝𝐢 𝐈𝐬𝐚𝐚𝐜 𝐀𝐬𝐢𝐦𝐨𝐯, 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝟓𝟎 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨, 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐮𝐧 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚?
– Assolutamente sì. Anche perché va ben oltre la semplice invenzione di androidi e automi. Si spinge a immettervici coscienze e nella loro (vera) intelligenza, non quella che spacciano ora per IA. Grazie al cielo ora la IA non esiste e le capacità senzienti e raziocinanti degli autori di Asimov restano pura, appunto, fantascienza.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥 𝐞̀ 𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐨?
– Ho rivisto Passegers, ma qui la storia è lunga.
Non amo per nulla i film che si basano sugli effetti speciali. Tipo Avatar. Sta a un vero film di fantascienza come un fumetto sta a un libro. Apprezzo i fumetti, ne leggo tanti, ma un fumetto resta un fumetto (tranne in alcuni particolarissimi casi come l’Eternauta), mentre un libro è un libro. Idem dicasi per quelli tipo Superman o i super eroi.
Apprezzo ancor meno i film di fantascienza che si basano su interpretazioni psicologiche della mente umana o che mancano di una buona idea di fondo. Vi sono romanzi spacciati per fantascienza che in realtà sono assolutamente ‘normali’, camuffati da fantastici semplicemente con qualche artificio narrativo.
Amo i film con una robusta trama che si basa su una robusta idea o una teoria scientifica portata all’estremo. Il fatto è che per fare simili film (e scrivere simili romanzi) bisogna essere particolarmente bravi.
• 𝐋𝐞 𝐞̀ 𝐦𝐚𝐢 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐥’𝐚𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐢𝐦𝐦𝐚𝐠𝐢𝐧𝐚𝐭𝐨.
– Nella maggior parte dei casi inizio a scrivere un romanzo senza avere idee chiare sul suo evolversi, tantomeno sulla sua fine. La ragione è che a volte scrivo perché mi è particolarmente piaciuta un’idea, addirittura ho scritto racconti solo perché mi piaceva un titolo.
In effetti all’inizio della mia carriera non ho mai scritto un romanzo di fantascienza.
Sino al 2000 scrivevo solo racconti. Allora non era come oggi che si stampano molte antologie, allora i racconti venivano pubblicati su riviste ad andarti bene. Così d’un tratto mi sono reso conto che non sei nessuno se non pubblichi un romanzo.
Ma io ero, e sono, uno scrittore di racconti.
Così mi sono inventato il romanzo ‘a spina pesce’ o a ‘grappolo’. Ne prendo uno abbastanza corposo e gli infilo nella sua stesura altri racconti. In questo modo lo porto alle 400000 battute di un romanzo.
Avevo un racconto lungo che si chiamava Il sognatore. Ho pensato che un sogno può essere di qualsiasi natura, per cui ho inserito nella narrazione parecchi sogni d’ogni genere. Sino a portare l’opera alle 250 cartelle che chiedevano per il Premio Urania. Così è nato Mater Maxima. Più per scommessa che credendoci davvero l’ho mandato al Premio Urania e l’ho vinto. Lo stesso dicasi di Il dono di Svet, di Surgeforas, di Sinfonia per l’Imperatore, Il fuoco e il silenzio, L’Artiglio, Il Cavaliere di Tau, ecc. ecc. molti vincitori di premi importanti.
• 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐞 𝐮𝐧 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐳𝐨 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚?
– Come sono nati i miei l’ho appena raccontato.
Per la nascita di un romanzo in generale, che poi è la stessa cosa di un racconto, ci sono vari modi di operare.
Ci sono autori che si mettono a scrivere solo se hanno tutto in mente, ci sono autori che seguono delle scuole di scrittura e creano un’opera semplicemente seguendo quello che hanno imparato, ci sono autori che scrivono prima una scaletta, poi operano a ‘pezzi’, addirittura anche non conseguenti, per poi unire tutto in un romanzo.
Ho conosciuto persino un autore che scriveva il romanzo di getto senza poi modificare nulla, intervenendo solo per le correzioni da editor (così almeno mi assicurava lui), al contrario ho conosciuto un autore che ha riscritto molte volte un romanzo sino a trovare la versione che più aveva in mente.
Si può dire che ogni autore ha il suo personale sistema per far nascere un romanzo.
Se poi si fa riferimento all’idea, allora è tutt’altra storia.
L’idea è essenziale. Ho conosciuto autori che avevano una buona idea ma non riuscivano a renderla dal punto di vista della narrazione, mentre altri autori che scrivevano molto bene, ma in fondo non c’era un’idea o ce n’era una già masticata e digerita. Nessuno dei due ha fatto molta strada.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐟𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐦𝐚 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞?
– Tra gli stranieri Hikmet, tra gli italiani Daniele Giancane. Sarò di parte ma anche le poesie di mia moglie Loredana Pietrafesa sono bellissime. Ogni tanto vado a rileggere le poesie dei tre.
Amo le poesie dei classici italiani. Ma anche amo le poesie delle parole di alcune canzoni. Ora questo non è più possibile perché sono finite i bei testi e sono finite le belle canzoni.
• 𝐋𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐬𝐢𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐞 𝐢𝐥𝐥𝐮𝐬𝐨𝐫𝐢𝐞, 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐞𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐨 𝐢𝐫𝐫𝐞𝐚𝐥𝐢?
– Prima di tutto io non scrivo poesie. Metto insieme versi ispirati da momenti della mia vita. A volte passano anni senza che riesca a buttar giù un verso, altre che ne scrivo varie di getto.
Non le definirei in nessuno dei tre modi: sono sensazioni, desiderio di comunicare agli altri queste sensazioni d’amore, di sacrificio, di sconforto, di rinascita perché si sappia che la vita di un uomo è fatta di amore, sacrificio, sconforto e rinascita e che se capita a noi lo sconforto non è perché siamo sfortunati, ma perché nelle mega roulette del caos la pallina dello sconforto si è posata causalmente su di noi. Ed è una convinzione positiva, perché i lanci sono in continuazione.
• 𝐏𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐚, 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐨 𝐬𝐚𝐠𝐠𝐢𝐬𝐭𝐚?
– Narratore. Semplicemente narratore. A me piace raccontar storie, riesco a far diventare interessante la più banale delle vicende. Come detto non sono un poeta, troppo inflazionata questa parole, né sono un saggista perché il saggio va ben oltre le mie capacità.
Ho già detto a mia moglie che sulla mia lapide, sotto il nome e le date canoniche dev’esserci scritto: ingegnere e narratore, e sotto ancora: C’ero una volta…
• 𝐏𝐮𝐨̀ 𝐬𝐩𝐢𝐞𝐠𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐬’𝐞̀ 𝐥𝐚 𝐖𝐨rld 𝐒𝐜𝐢𝐞𝐧𝐜𝐞 𝐅𝐢𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐞 𝐬𝐮𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀?
– La World SF Italia nasce sulla scia della World SF mondiale circa 60 anni fa a opera del mai troppo compianto Ernesto Vegetti. Vero padre della fantascienza italiana. Nel nostro statuto c’è il suo scopo: diffondere la conoscenza della fantascienza in particolare quella italiana. Da quando sono presidente è stata questa la mia missione.
Ribadisco missione.
Purtroppo molti iscritti pensano di sfruttare a proprio vantaggio l’appartenenza alla World. Se ne hanno bisogno, scompariranno presto dalla scena.
• 𝐂𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐡𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐮𝐧𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢 𝐥𝐞 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐞𝐫 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐚 𝐭𝐞𝐬𝐢 𝐬𝐮 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐢?
– Ho pensato che era un successo del fantastico, non mio. Ho attraversato gli anni del ridicolo, quando ci prendevano in giro perché credevamo agli omini verdi, quando ci chiedevano come mai noi adulti scrivevamo fantascienza che è per bambini, quando se proponevi saggi o racconti di fantascienza a un giornali ti veniva risposto che a loro gli UFO non interessano.
Poi pian piano hanno cominciato a capire, ho pubblicato decine di racconti su quotidiani locali e anche i grandi editori hanno cominciato a prendere sul serio la fantascienza. Ho tenuto lezioni nelle scuole medie, poi negli istituti superiori e infine in università.
Di lì alle tesi il passo è stato breve, anche grazie a professori illuminati.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐯𝐢𝐫𝐭𝐮̀ 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐫𝐞?
– Dirò due banalità: non arrendersi di fronte ai rifiuti, ne collezioniamo molti tutti, e mantenere la modestia. Difficile trovare autori che conservino la modestia anche dopo alcune pubblicazioni.
• 𝐔𝐧 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐳𝐨 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐳𝐨 𝐝𝐢 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞?
– Lo è di principio. I grandi romanzi, senza volerlo sia chiaro ed è questa la bellezza del tutto, formano la mentalità positiva del lettore, senza forzature. Rammento poche delle migliaia di letture, ma di una cosa sono certo, mi hanno formato come uomo. Avrei potuto fare a meno della religione.
Ecco, la fantascienza sa fare a meno delle religioni perché forma le coscienze senza bisogno di prediche o di minacce di terribili punizioni.
• 𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞?
Il perdono. Non riesco a voler male a chi mi ha fatto del male, anche se, lo confesso, m’impegno sperando di riuscire a odiare. Ma non è cosa mia, anche perché la fantascienza mi ha insegnato che l’odio distrugge i pianeti e le genti.
MI aiuta anche la scarsa memoria. Dico sempre che la felicità è dimenticare, perché solo le cose bella restano aggrappate alla tua mente.
• 𝐄̀ 𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐥’𝐞𝐬𝐩𝐥𝐨𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐛𝐢𝐬𝐬𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐚?
– La fantascienza è TUTTO. Arriva a tutto ed esplora tutto. La ragione è che non ha limiti di alcun genere (se non la pessima scrittura, ma è un’altra storia). Se si legge fantascienza, buona fantascienza, non si sa mai dove l’autore andrà a concludere le sue storie, certo parte dal limite del conosciuto e va ben oltre. La mente umana è forse l’ultima frontiera. Conosciamo più l’universo che la mente umana e la scienza ha dei limiti imposti dalla realtà.
La fantascienza non ha limiti e la realtà è il suo punto di partenza.
Inoltre non ha bisogno di scafandri o sommergibili per esplorare gli abissi d’ogni cosa.
• 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐞̀ 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢𝐮𝐭𝐢 𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐥𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢 𝐚𝐥 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐚𝐩𝐩𝐞𝐬𝐚𝐧𝐭𝐢𝐫𝐥𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐮𝐧𝐠𝐡𝐞 𝐞 𝐧𝐨𝐢𝐨𝐬𝐞 𝐬𝐩𝐢𝐞𝐠𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢?
– Evitando le lunghe e noiose spiegazioni.
Il segreto è quello di partire come se il mondo sconosciuto fosse ben noto. Poi pian piano, in maniera soft, quindi senza impiegare pagine e pagine, lasciare filtrare le spiegazioni. E’ come quando impari una nuova materia a te del tutto sconosciuta. Se ti impongono decine di norme una dietro l’altra, difficilmente la imparerei perché difficilmente l’amerai. Ma se si procede a piccoli passi intercalati con esempi, la si apprezza.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫𝐢𝐬𝐜𝐞?
– Tra gli stranieri Brunner, Heinlein, Clarke e quasi tutti quelli della ‘prima guardia’.
Tra gli italiani, Malaguti, Zuddas, Piegai e quasi tutti quelli della ‘prima guardia’.
Sono stati i miei riferimenti come autore.
• 𝐀 𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚?
A lei perché non ne ho mai avuta una simile.

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