Intervista a Patrizia Bartoli
𝐋’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐫𝐭𝐞𝐝𝐢̀
𝗣𝗮𝘁𝗿𝗶𝘇𝗶𝗮 𝗕𝗮𝗿𝘁𝗼𝗹𝗶
𝑑𝑖 𝑇𝑜𝑛𝑖 𝐹𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑖
• 𝐀𝐩𝐩𝐞𝐧𝐚 𝐡𝐨 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 “𝐂𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐈𝐦𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐭𝐭𝐢” 𝐦𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐭𝐭𝐨:” 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐏𝐚𝐭𝐫𝐢𝐳𝐢𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐭𝐨𝐥𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐛𝐞𝐧𝐞, 𝐡𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐨.”
𝐋𝐞𝐢 𝐫𝐢𝐭𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐢𝐚 𝐥’𝐮𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐞𝐥𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐛𝐮𝐨𝐧 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨?
– Sono felice che “Cuori imperfetti” ti sia piaciuto. Sento sempre crescere in me un po’ di ansia quando ciò che ho scritto, racconto o romanzo, non è più soltanto mio; quando deve affrontare la prova dei lettori. Per venire alla tua domanda: non credo che il talento sia sufficiente. Certamente aiuta, ma non può essere l’unico ingrediente di una buona scrittura. Innanzitutto, è importante leggere. Leggere e ancora leggere. Poi avere una certa conoscenza delle tecniche di narrazione. Ci vuole molta applicazione e buoni insegnanti. Per questo devo ringraziare Enrico Rulli con cui ho lavorato per Cuori imperfetti e Nina, e Silva Ganzitti che mi ha seguito nell’elaborazione dei racconti che fanno parte di alcune antologie, come Cronache di un tempo senza tempo, Metti un pomeriggio d’estate, volume 1 e 2.
Uscendo un po’ dal focus della domanda, permettimi di estendere il mio grazie anche a Marco Solfanelli, editore con cui pubblico dal 2019. Una persona squisita e competente.
• 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐯𝐞𝐧𝐮𝐭𝐚 𝐥’𝐢𝐝𝐞𝐚 𝐝𝐢 𝐚𝐦𝐛𝐢𝐞𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐚𝐭𝐭𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐛𝐛𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐒𝐌𝐈 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐭𝐚 𝐅𝐨𝐫𝐧𝐚𝐜𝐢 𝐝𝐢 𝐁𝐚𝐫𝐠𝐚?
– L’ambientazione di Cuori imperfetti mi è assolutamente familiare. Io sono nata e sono vissuta per molti anni a Fornaci di Barga, un piccolo paese della media valle del Serchio in provincia di Lucca, che nel lontano 1916 aveva visto la costruzione di un immenso insediamento metallurgico, la SMI appunto. La fabbrica, come tutti la chiamavamo, era il respiro del paese. La sirena ne scandiva le ore di entrata e di uscita e risuonava per tutte le strade e le campagne intorno. Indimenticabile, per me. Quando ho deciso di dare vita ad Amelia, Carlo, Nadia e gli altri personaggi del romanzo, li ho immaginati immediatamente in quel microcosmo che conoscevo bene e di cui la fabbrica faceva parte a pieno titolo. Cuori imperfetti non è un romanzo autobiografico, mi piace sottolinearlo, ma indubbiamente ha molti spunti legati ai miei ricordi di bambina e di adolescente.
• 𝐍𝐞𝐥 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐜’𝐞̀ 𝐥𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐞𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐟𝐮𝐠𝐠𝐞.
𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐝𝐞 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐥’𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐦𝐚𝐢 𝐬𝐨𝐝𝐝𝐢𝐬𝐟𝐚𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐞𝐝𝐞?
– Nei mei racconti così come in Cuori imperfetti parlo di donne. Soprattutto di donne che sono vissute negli Anni Sessata e Settanta in una condizione di separazione, emarginazione, subalternità. Non per una questione socioeconomica, almeno non solo. Amelia, la protagonista di Cuori imperfetti appartiene alla classe borghese, è la moglie del vicedirettore della SMI, vive un’esistenza privilegiata eppure non è felice. Sente su di sé la pesantezza della solitudine, la distrazione di un marito che non la desidera più, la desolazione di non aver avuto figli di cui si assume completamente la colpa. Nadia, una delle segretarie della SMI, affronta la vita a muso duro, potremmo dire ricordando le parole di Pierangelo Bertoli, ma ne è profondamente ferita. Nora, che vive a Lucca ed è sposata con un rinomato notaio della città, deve scontrarsi con un evento improvviso e drammatico che ne segnerà il futuro. Sono tutte donne alle prese con infelicità diverse ma ugualmente laceranti.
La felicità sfugge a tutte. È così difficile essere felici? Le vicende dei miei personaggi mi portano a dire di sì.
• 𝐄𝐬𝐢𝐬𝐭𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐢𝐦𝐢𝐥𝐢 𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐭𝐚?
– Le diseguaglianze che erano presenti nella società degli Anni Sessanta e Settanta e che erano rispecchiate nel modo di vivere del paese Fornaci Di Barga, permeato in ogni suo strato dalla fabbrica, sono fortunatamente superate. Voglio fare qualche esempio. La divisione in classi sociali era talmente netta che il regolamento della sala cinematografica SMI vietava che gli operai si mescolassero agli impiegati e ai dirigenti nella visione del film. Gli operai accedevano alla platea, gli impiegati alla galleria. Il Campone, un campo giochi utilizzato ai tempi del Fascismo per le adunate del sabato fascista, questo è un ricordo di mia madre, era severamente vietato alle famiglie degli operai. In parole ancora più semplici, se io avessi voluto invitare una mia amica figlia di un operario non avrei potuto farlo. Nella mia famiglia la situazione era a suo modo assurda: mio padre e mia madre erano impiegati, mia zia Elda, sorella del babbo, operaia.
Ecco, credo che queste forme di diseguaglianza che sono state vissute malissimo, ne ho la certezza assoluta, siano oggi superate, quanto meno nella nostra realtà.
• 𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 𝐜𝐡𝐞 “𝐢𝐧 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐚𝐠𝐠𝐢𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐟𝐞𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐛𝐚𝐬𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐳𝐚𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐨𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐞 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐥𝐮𝐧𝐚” 𝐦𝐢 𝐟𝐚 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐝 𝐮𝐧 𝐚𝐧𝐢𝐦𝐨 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐢𝐜𝐨. 𝐇𝐚 𝐦𝐚𝐢 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐬𝐢𝐞?
– Le vicende di Cuori imperfetti si concludono il 20 luglio 1969, la notte in cui Apollo 11 con gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin compie il primo allunaggio. Tutti i personaggi del romanzo, in luoghi diversi e con differenti stati d’animo, assistono all’evento epocale. Alzano gli occhi al cielo con speranza, i due ragazzi senz’altro, con disperazione o malinconia, gli altri. Sì, la luna ha sempre un forte potere sull’animo umano. Anch’io mi soffermo a rimirala ma, mi dispiace dirlo, non le ho mai dedicato una poesia. Il mio animo poetico, se veramente esiste, si esprime in prosa.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐚 𝐚𝐦𝐚 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞?
– Giovanni Pascoli, senz’altro. Il poeta che ha vissuto a lungo a Castelvecchio, vicino a Barga, oggi Castelvecchio Pascoli, luogo incantevole in cui si trovano la sua casa e il suo giardino, ha amato molto le piccole cose che danno sostanza al vivere quotidiano. Lo sento molto vicino.
La mia prima raccolta di racconti è intitolata La venditrice di piccole cose. Inconsapevolmente forse. Forse.
• 𝐄 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐡𝐚 𝐢𝐧𝐟𝐥𝐮𝐞𝐧𝐳𝐚𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐚𝐫𝐢𝐚?
– Molte Autrici e Autori di racconti che leggo da sempre. Tra le donne, Alice Munro, Grace Paley, Flannery O’Connor, Joyce Carol Oates, Elsa Morante, Joyce Lussu…
Tra gli uomini, Guy de Maupassant, Italo Calvino, Dino Buzzati, Ernest Hemingway… senza dimenticare Stephen King.
• 𝐏𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢 “𝐂𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐈𝐦𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐭𝐭𝐢”𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢 𝐡𝐚 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨?
– Inizio come Autrice di racconti che sono pubblicati in quattro antologie.
* La venditrice di piccole cose, Incontri Editrice 2011
* Un pomeriggio quasi perfetto, Incontri Editrice 2013. Sono molto affezionata a questa raccolta con la quale nel 2015 ho vinto il Premio Joyce Lussu, città di Offida.
* Prove di vita, Incontri Editrice 2015.
* Travestimento proibito, Tra le righe libri 2017
• 𝐂𝐡𝐞 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐢 𝐡𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐒𝐚𝐥𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐓𝐨𝐫𝐢𝐧𝐨 𝟐𝟑 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐡𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞𝐜𝐢𝐩𝐚𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐒𝐭𝐚𝐧𝐝 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐚𝐬𝐚 𝐄𝐝𝐢𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞 𝐒𝐨𝐥𝐟𝐚𝐧𝐞𝐥𝐥𝐢/ 𝐓𝐚𝐛𝐮𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐢?
– Ho partecipato per il secondo anno consecutivo al Salone del libro di Torino con il gruppo editoriale Tabula Fati Solfanelli. Il primo anno ero un po’ spaesata, non sapevo bene che cosa fare ma anche che cosa aspettarmi. Il secondo anno l’esperienza è stata molto più completa e soddisfacente. Collaborare con Silva Ganzitti, Manola Di Tullio e tutto il gruppo di autrici e autori presenti è stato un’esperienza gratificante che vorrei rifare. Un po’ faticosa, in verità, ma veramente unica.
•𝐀𝐯𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢, 𝐥𝐞 𝐦𝐚𝐧𝐜𝐚𝐧𝐨 𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐢 𝐚𝐥𝐮𝐧𝐧𝐢?
– Ho sempre un buon ricordo dei miei alunni, ma il tempo della scuola è ormai trascorso. Ora ho rivolto i miei interessi ad altro, tra cui la scrittura. E poi ho Davide Kurt, mio nipote. Ha sei anni e mezzo e mi riempie la vita con la sua voglia di tutto. Gli ho dedicato i miei due romanzi, sia Cuori imperfetti sia Nina, che sperò leggerà da grande.
• 𝐂𝐢 𝐝𝐞𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 𝐮𝐧 𝐞𝐩𝐢𝐬𝐨𝐝𝐢𝐨 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐮𝐫𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨?
– Un ricordo molto bello? Una classe seconda, un ragazzo timidissimo, incapace di relazionarsi con gli altri. Non bullizzato ma certamente non molto amato dai compagni maschi. In quell’anno avevamo deciso di mettere in scena il Macbeth. Io, la professoressa d’inglese Cristina Chiappo e la professoressa di Musica Fernanda Frongia eravamo molto temerarie, in effetti. Volevamo che tutta la classe partecipasse, almeno con una battuta. Difficile convincere l’alunno, a cui darò il nome di Alessandro. Per tre mesi non ci fu verso, ogni tentativo riceveva un rifiuto. Poi il miracolo, non so come chiamarlo altrimenti. Accettò di entrare in scena e di pronunciare una frase, vestito da soldato del Re.
Ne fui veramente commossa. Ecco, Alessandro è uno degli alunni che mi sono rimasti nel cuore.
• 𝐋𝐚 𝐭𝐨𝐥𝐥𝐞𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢 𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐞𝐠𝐢𝐨 𝐨 𝐮𝐧 𝐝𝐢𝐟𝐞𝐭𝐭𝐨?
– Domanda ardua. Tolleranza ha un significato ambiguo. Ti tollero perché… In questa accezione non mi piace troppo, lo ammetto. Se invece intendiamo tolleranza come accettazione dell’altro per come è, mi trova più concorde. Il limite tra tolleranza sì e no è tuttavia sempre molto difficile da definire, almeno per me.
• 𝐈𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐬𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐢𝐭𝐨𝐥𝐚 “𝐍𝐢𝐧𝐚”, 𝐜𝐞 𝐧𝐞 𝐯𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐫𝐞?
– Nina nasce dal desiderio di raccontare una storia contemporanea. Con questo romanzo mi sono decisamente distaccata dalle donne degli Anni Sessanta e Settanta a cui avevo sempre rivolto la mia preferenza. È stato un salto importante e non facile essenzialmente per un motivo: Nina è una giovane donna straniera. Polacca, per la precisione, che sceglie di abbandonare il suo paese e di venire in Italia. Quando la conosciamo vive a Lucca e lavora in un pub. Non sappiamo perché abbia deciso di lasciare Lacko e la sua famiglia; lo scopriremo nel corso della narrazione che è essenzialmente cronologica e va dal 2015 al 2018, con un capitolo in flash black che ci riporta al 2010. Nina ci appare schiva e determinata a vivere la sua vita senza confessare nulla di sé e del suo passato. Solo quando incontra Luigi, che al pari di lei ha un segreto doloroso con cui fare i conti, sembra sciogliere i nodi del passato. Il romanzo è diviso in due parti. La prima è intitolata La vita di Nina, la seconda Le vite degli altri. Come si può intuire i punti di vista della narrazione cambiano. Ne La vita di Nina il focus è sulla protagonista, ne Le vite degli altri hanno un loro spazio dedicato Elide, l’anziana padrona della casa in cui abita la giovane donna; Luigi, l’uomo con cui Nina ha una nuova possibilità; Marek, il fratello che, giunto inaspettatamente dalla Polonia, le renderà le cose più difficili.
• 𝐔𝐧𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐭𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐚𝐥𝐚𝐭𝐚 𝐧𝐞𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐢 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐪𝐮𝐢𝐧𝐝𝐢?
– Sì, come ho anticipato rispondendo alla domanda precedente, con Nina affronto temi – essere straniera e in quanto tale subire una situazione di conflitto da parte di chi non vuole riconoscerti pari dignità – che non avevo toccato o avevo appena sfiorato nei racconti e in Cuori imperfetti.
• 𝐍𝐞𝐥 𝐛𝐫𝐞𝐯𝐞 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 “𝐌𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐮𝐧 𝐩𝐨𝐦𝐞𝐫𝐢𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐝’𝐞𝐬𝐭𝐚𝐭𝐞” 𝐜𝐮𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚 𝐒𝐢𝐥𝐯𝐚 𝐆𝐚𝐧𝐳𝐢𝐭𝐭𝐢, 𝐥𝐞𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐭𝐞𝐧𝐭𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐩𝐫𝐨. 𝐂𝐞 𝐧𝐞 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐫𝐞?
– Parlando spesso di donne, ci sono temi che è impossibile non affrontare. La violenza contro le donne, lo stupro, il femminicidio sono atti criminali che si susseguono. Sollevano rabbia e sdegno, poi su di essi cala il silenzio. Nel breve racconto ‘Ricordo di un pomeriggio d’estate’, ho narrato in prima persona il tentativo di stupro di una dodicenne da parte di un uomo di mezz’età. Ho ambientato la storia in un luogo conosciutissimo e a me caro, il cimitero degli inglesi a Firenze. In una via molto trafficata, a poche centinaia di metri dal centro storico. Di pomeriggio e non di sera. In un tempo indefinito. Questo per ribadire che la violenza contro le donne trova luoghi, tempi e modi diversi per esprimersi e per questo nessuno di noi deve chiudere gli occhi e considerarsene immune.
• 𝐋𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐂𝐨𝐧𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐃𝐞 𝐆𝐫𝐞𝐠𝐨𝐫𝐢𝐨 𝐥’𝐡𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐚 𝐚𝐫𝐫𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨. 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞̀?
– Vero. Ho provato molta rabbia mista a incredulità nel leggere l’incipit dell’articolo di Concita De Gregorio sull’atto di vandalismo compiuto da alcuni influencer su una statua nel nord Italia, a Viggiù, se ricordo bene. Mi sono chiesta per quale motivo la giornalista di Repubblica abbia paragonato quei teppisti ai disabili. Mi sono chiesta perché abbia richiamato alla mente le funeste classi differenziali, abbia deriso gli insegnanti di sostegno. E soprattutto abbia offeso con una posizione inaccettabile di abilismo i disabili e le loro famiglie. Forse perché ho insegnato nella scuola media per decenni, mi sono sentita chiamata in causa.
• 𝐏𝐫𝐨𝐠𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐚𝐫𝐢 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐢?
– Mi sto guardando intorno. Non ho ancora un’idea definita per un nuovo romanzo. In effetti, sento il bisogno di tornare a scrivere a pieno regime dei racconti. Amo la scrittura breve che è stata la mia prima esperienza. La signora Parrini è stato il primo racconto che ho avuto il piacere di veder pubblicato. Finalista nel 2008 al Premio Loria di Carpi ha fatto parte dell’Antologia edita da Marcos Y Marcos. Dopo La signora Parrini ho continuato a scrivere racconti per poi approdare ai romanzi Cuori Imperfetti nel 2019 e Nina nel 2023. Non ho però dimenticato la mia passione iniziale che vedrò di assecondare.
• 𝐀 𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚?
– Dedico questa intervista a Paola Stefani, l’amica del cuore, che è deceduta due anni fa, in questi giorni di agosto. Mi manca e questa intervista è per lei.