Intervista ad Antonietta Florio

𝐋’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐫𝐭𝐞𝐝𝐢
𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗶𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗙𝗹𝗼𝗿𝗶𝗼
𝑑𝑖 𝑇𝑜𝑛𝑖 𝐹𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑖
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🔸𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥’𝐡𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢𝐮𝐭𝐚 𝐡𝐨 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐭𝐨 𝐬𝐮𝐛𝐢𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐯𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐚𝐧𝐚𝐭𝐫𝐨𝐜𝐜𝐨𝐥𝐨. 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐯𝐨𝐥𝐚?
▪️Si specchia nello stagno e si accorge di essersi trasformato in un cigno.

🔸 𝐔𝐧 𝐜𝐢𝐠𝐧𝐨 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐝𝐢𝐬𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐥’𝐚𝐬𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚𝐧𝐨.
𝐂𝐨𝐦’𝐞̀ 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐝𝐮𝐭𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐦𝐞𝐭𝐚𝐦𝐨𝐫𝐟𝐨𝐬𝐢?
▪️Non so se c’è stata una metamorfosi, ma la ringrazio per il paragone a cui prima d’ora non avevo mai pensato e, le confesso, mi rallegra che l’abbia fatto lei. Credo, però, che dipenda dal fatto che sono me stessa, senza infingimenti. Mi piace che il pubblico mi conosca per quella che sono.

🔸 𝐄̀ 𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐚 𝐟𝐚𝐫 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐢𝐧 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐞𝐝𝐢. 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐡𝐚 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐨?
▪️Con la pubblicazione del saggio La gnoseologia di Marsilio Ficino. Era il 2021 quando il libro ha visto la luce dopo una gestazione di due anni tra ricerche e stesura. Poi la sfida a me stessa, la voglia di dimostrare a me stessa, più che al mondo, che se volevo, potevo farcela a raggiungere il mio obiettivo

🔸 𝐏𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐜𝐢 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐢?
▪️ Sono laureata in lingue (francese e tedesco, con la specializzazione in francese), ho collaborato per un certo periodo con il quotidiano “Il Centro” che mi ha fatto capire qual era la mia passione, il daìmon che dentro si agitava, ma a cui non davo retta, vuoi per paura, vuoi per codardia: leggere e scrivere. Da quel momento in poi non ho smesso di seguire quella stella che, con il Lockdown del 2020, si è illuminata ancor di più. Essendo rimasta in casa da sola, come molti altri del resto, ho avuto modo di riflettere sulla direzione che avrei voluto prendere. Perciò più leggevo, più capivo che il treno si chiamava “Editoria”. Speravo di salirci, ma non ci credevo, eppure qualcosa di indefinito e indefinibile mi spingeva continuamente lì, mi sussurrava di mettermi in gioco per davvero, senza fasciarmi la testa prima di essermela rotta. Proporre all’Editore Marco Solfanelli il saggio su Ficino è stata la scelta più giusta che abbia mai preso. Se potessi tornare indietro, prenderei la stessa decisione. Il mio slogan è: “EDITORIA, VITA MIA”. Senza i libri, sarei perduta.

🔸 𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐏𝐫𝐞𝐦𝐢𝐨 𝐕𝐢𝐭𝐨 𝐌𝐨𝐫𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐡𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐠𝐢𝐭𝐨?
▪️A questo punto mi rifaccio alla prima domanda: un piccolo anatroccolo. Ho accettato senza battere ciglio, questo è vero, e ne sono stata onorata, ma poi ho avuto paura e sono stata assalita dai dubbi. Mi sentivo troppo piccola e non all’altezza per presentare il premio che porta il nome di un grandissimo poeta.

🔸𝐀𝐥 𝐭𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐒𝐚𝐧 𝐕𝐢𝐭𝐨 𝐂𝐡𝐢𝐞𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐡𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐞 𝐝𝐨𝐥𝐜𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐢𝐧𝐜𝐚𝐧𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐥 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐨
𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐞. 𝐂𝐡𝐞 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐨 𝐡𝐚 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐚?
▪️ È stata una delle esperienze più belle e indimenticabili. Ricordo che ero emozionata, tanto. E tremavo. Stimato, ben voluto da tutti e mai dimenticato, non è stato semplice parlare di lui. Purtroppo Vito Moretti non l’ho conosciuto, e me ne rammarico. L’ho detto quella sera e lo dirò ogniqualvolta la situazione lo richiederà, pur correndo il rischio di essere ripetitiva: sono arrivata troppo tardi nella casa editrice di Marco Solfanelli. Perciò se da un lato non ho potuto, né potrò mai stringergli la mano, dall’altro lato, posso ben dire, che in tutto questo anno l’ho conosciuto attraverso i suoi libri, non importa se sono poesie, racconti o romanzi. Mi si è rivelato con la scrittura, e precisamente con la raccolta di racconti “Il doppio degli sguardi”, mi ha insegnato tanto e mi dice sempre le cose giuste al momento giusto. Le svelo un segreto: quando il “gioco” si fa difficile, apro a caso un suo libro, in un punto qualunque di una pagina qualunque e ci trovo il consiglio giusto e saggio per quel momento.

🔸 𝐀𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐚 𝐯𝐢𝐧𝐭𝐚 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐚 “𝐆𝐥𝐢 𝐒𝐜𝐢𝐮𝐚𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐁𝐚𝐥𝐳𝐚𝐜”. 𝐂𝐞 𝐧𝐞 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐫𝐞?
▪️ Un giorno l’Editore mi dà, di questo romanzo, la versione francese e quella italiana. Prima di cominciare a leggerlo, ho fatto qualche ricerca. Non ne avevo mai sentito parlare e anche l’argomento (la Controrivoluzione dopo la Rivoluzione del 1789, la Vandea, i contadini che combattono per difendere la loro libertà religiosa) mi era pressoché sconosciuto. Mi sono incuriosita e la prospettiva di mettere mano su un romanzo balzachiano, uno tra i tanti autori francesi che preferisco, mi ha entusiasmata a tal punto che, scorgendo notevoli tagli e discrepanze fra l’originale e la traduzione di cui ero venuta in possesso, mi sono impegnata in quest’opera di traduzione che, per fortuna, è venuta alla luce.

🔸𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐢 𝐬𝐯𝐨𝐥𝐠𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚  𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐚𝐥 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐚𝐫𝐢𝐨?
▪️Correggo bozze, scrivo (e correggo) quarte di copertina, leggo e recensisco (qui sì che c’è stata la metamorfosi, poiché adesso sono attività che faccio per professione), preparo le presentazioni, appronto nuovi lavori di traduzione e mi prendo anche del tempo per la sponsorizzazione sui Social. L’ordine non è sempre lo stesso. Anzi, non lo è mai.

🔸  “𝐋𝐚 𝐠𝐧𝐨𝐬𝐞𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐫𝐬𝐢𝐥𝐢𝐨 𝐅𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨. 𝐂𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐥𝐚 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢𝐯𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥𝐥’«𝐢𝐦𝐚𝐠𝐢𝐧𝐚𝐭𝐢𝐨-𝐩𝐡𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐢𝐚» 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐭𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨. 𝐌𝐢 𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐮𝐞 𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐢 𝐝𝐨𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨.
▪️ Primo perché si sofferma su un periodo importante: il Rinascimento, per cui la discettazione è incentrata, almeno nella prima parte, sull’opposizione tra platonici e aristotelici. È un aggirarsi all’interno della corte dei Medici e imbattersi in Ficino, appunto, che ha riportato in auge la filosofia di Platone, per volere di Cosimo de’ Medici, il quale gli dà vitto e alloggio affinché il suo pupillo non abbia distrazioni di alcun tipo.
Secondo perché lancio una sfida al lettore: “immaginazione” e “fantasia” sono due termini che adoperiamo indifferentemente, invece Ficino nella Theologia platonica ci dice che sono due facoltà intellettive diverse. Inoltre, cosa facciamo con l’immaginazione? Perché ricorriamo ad essa? Perché possiamo costruirci una realtà differente da quella che viviamo. Ma anche su questo punto Ficino ci dice altro: l’immaginazione prima e la fantasia poi sono dei tasselli indispensabili nel processo conoscitivo. E voi, lettori, da che parte state?

🔸𝐐𝐮𝐚𝐥 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐥 “𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐨𝐝𝐨 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐨 𝐞 𝐩𝐢𝐚𝐭𝐭𝐨” 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐨 “𝐝𝐚𝐥 𝐛𝐮𝐢𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐥𝐮𝐜𝐞”?
▪️Era un’estate di due anni fa. I giorni passavano senza che nulla accadesse. All’improvviso tutto si era fermato, anche se ero consapevole che il mondo intorno si muoveva come al solito, come sempre. Ero io, solo io, ad essere paralizzata, assente da me stessa. I rumori dell’esterno li ascoltavo distrattamente e a malapena. Quando ho cominciato a lavorare su “Gli Sciuani” di Balzac anche quei rumori sono cessati. C’erano soltanto loro, questi contadini ribelli a cui oggi devo tutto. E con “tutto” intendo l’aver ritrovato la grinta per riprendere in mano la mia vita e governarla. Mi hanno tirata su, mi hanno riportata in superficie e finalmente ho visto di nuovo la luce.

🔸 𝐂’𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐮𝐧 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐫𝐢𝐮𝐬𝐜𝐢𝐭𝐨 𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐫𝐞?
▪️Purtroppo, sì. E purtroppo è L’idiota di Dostoevskij. Eppure avevo empatizzato con il principe Myskin. È una sconfitta perché l’ho mollato a cinquanta pagine dalla fine. Ma mi prenderò la rivincita. Ho commesso l’errore di leggerlo di fretta e a un certo punto mi sono persa nella storia. La lettura, specie quella degli autori russi, deve avere il suo tempo e io non l’ho centellinato.

🔸 𝐋𝐞 𝐬𝐮𝐞 𝐫𝐞𝐜𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚𝐭𝐞. 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐚 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚?
▪️ Certo, è indimenticabile: Italo Calvino, “Se una notte d’inverno un viaggiatore”. Questo libro mi ha fatto scoprire Calvino e mi ha fatto innamorare di lui. Più volte sono stata tentata di lasciarlo (l’ho letto prima de “L’idiota”), ma per fortuna mi sono ostinata ad andare avanti ed è stata una rivelazione. Ne sono rimasta così colpita che ho sentito la necessità di scriverne qualcosa. Erano impressioni, più che recensione vera e propria.

🔸 𝐂𝐡𝐞 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐜’𝐞̀, 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢, 𝐭𝐫𝐚 𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐢𝐚 𝐞 𝐟𝐞𝐝𝐞?
▪️ Essendomi occupata di Marsilio Ficino, che prima di essere filosofo è stato prete e teologo, direi che siano alleate. C’è un termine che le lega, che in realtà è un atteggiamento: stupore di fronte alle cose.

🔸 𝐈𝐥 𝐬𝐢𝐥𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐯𝐮𝐨𝐭𝐨, 𝐦𝐚 𝐞̀ 𝐩𝐢𝐞𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐭𝐞. 𝐄̀ 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐫𝐢𝐞𝐬𝐜𝐢 𝐚 𝐭𝐚𝐜𝐞𝐫𝐞, 𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐮𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐢𝐧𝐮𝐭𝐢𝐥𝐢, 𝐜𝐡𝐞 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐥𝐚 𝐭𝐮𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐞 𝐥𝐚 𝐭𝐮𝐚 𝐬𝐚𝐠𝐠𝐞𝐳𝐳𝐚. 𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐞̀ 𝐪𝐮𝐞𝐥 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐭𝐚, 𝐦𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚 “.
𝐄̀ 𝐝’𝐚𝐜𝐜𝐨𝐫𝐝𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐜𝐞𝐥𝐞𝐛𝐫𝐞 𝐟𝐫𝐚𝐬𝐞 𝐝𝐢 𝐋𝐮𝐜𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐞 𝐂𝐫𝐞𝐬𝐜𝐞𝐧𝐳𝐨?
▪️ Sì, sono d’accordo, ma non è un criterio sempre applicabile. Dipende dalle persone che si hanno di fronte.

🔸 𝐄𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐢𝐝𝐢𝐚𝐭𝐚 𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐨 𝐮𝐧 𝐦𝐚𝐥𝐞?
▪️ Non mi è mai piaciuta l’invidia, né l’ho mai provata. Invidiare è un male, ma essere invidiati significa che si sta facendo bene il proprio lavoro e può dare quella spinta a fare ancora di più e ancora meglio.

🔸 𝐒𝐨𝐜𝐫𝐚𝐭𝐞 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐫𝐦𝐚𝐯𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐞́ 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐯𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐢𝐮𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢. 𝐄̀  𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐨𝐩𝐩𝐮𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐚𝐥𝐞 “𝐥’𝐞𝐠𝐨 𝐬𝐦𝐢𝐬𝐮𝐫𝐚𝐭𝐨?”
▪️ Non so se e quanto sia prevalente “l’ego smisurato”, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Ma credo che ci sia chi scriva per sé stesso, che “comunichi con” (come dice Franco Ferrarotti) e non “a”, facendo della scrittura uno strumento di mediazione fine a sé stesso.

🔸 𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐞 𝐩𝐢𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞?
▪️La timidezza e l’insicurezza, anche nelle relazioni personali, il sentirmi fuori luogo, e prevedere tragedie prima che accadano (anche se poi non accadono).

🔸𝐏𝐮𝐨̀ 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐟𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐢𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐬𝐞 𝐧𝐞 𝐚𝐯𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀?
▪️ Se per Dante è l’amore “che move il sole e le altre stelle”, per me lo è anche la curiosità di sapere e di conoscere. Basandomi sulla mia esperienza personale, posso solo dire, provando a rispondere, che si possono creare tante occasioni e tanti eventi, ma se si è svogliati, come dicevano i miei professori ai colloqui, se non si ha interesse, non si va da nessuna parte. In tal senso la scuola può molto, per cui si può migliorare la cultura a patto che si venga educati alla cultura. Sembra un gioco di parole, ma non lo è.

🔸 𝐇𝐨 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐞 𝐬𝐮𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐬𝐢𝐞. 𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐯𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐥𝐞 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞?
▪️ Grazie davvero per l’apprezzamento! Ad oggi, però, non credo ci sarà una pubblicazione di mie poesie. Non mi sento poetessa, non sono competente e non so nulla di metrica. I versi che ho scritto sono il frutto di emozioni e sensazioni estemporanee. Vito Moretti, ecco che mi ritorna in mente, diceva “che per fare versi basta andare a capo”, ma poi aggiungeva: “creando ritmo, melodia, musica”.

🔸 𝐀 𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚?
▪️ Alla persona che ha realizzato il mio sogno: l’Editore Marco Solfanelli.

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