Intervista a Sandra Moretti

𝐋’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐫𝐭𝐞𝐝𝐢̀
𝗦𝗔𝗡𝗗𝗥𝗔 𝗠𝗢𝗥𝗘𝗧𝗧𝗜
𝑑𝑖 𝑇𝑜𝑛𝑖 𝐹𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑖
• 𝐃𝐨𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐌𝐨𝐫𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐥𝐞𝐢 𝐞̀ 𝐥𝐚𝐮𝐫𝐞𝐚𝐭𝐚 𝐢𝐧 𝐩𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐭𝐚 𝐢𝐧 𝐩𝐬𝐢𝐜𝐨𝐭𝐞𝐫𝐚𝐩𝐢𝐚 𝐞 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐚 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐭𝐚̀ 𝐞𝐯𝐨𝐥𝐮𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐞𝐝 𝐚𝐝𝐨𝐥𝐞𝐬𝐜𝐞𝐧𝐭𝐢. 𝐏𝐮𝐨̀ 𝐬𝐩𝐢𝐞𝐠𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐢 𝐬𝐯𝐨𝐥𝐠𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨?
– La salute psicologica è importante in ogni fase di vita e, soprattutto quando si parla di crescita psicologica del bambino, diventa fondamentale. L’età evolutiva in psicologia è un momento molto delicato. Le esperienze di vita di questo periodo infatti, influenzeranno il futuro sviluppo psichico.
Nelle diverse fasi psicologiche di crescita del bambino, alcuni aspetti della sua personalità e abilità sono ancora in via di sviluppo e definizione. Per questo, comprendere i segnali di possibili disturbi psicologici infantili può essere difficile ma anche molto importante. È probabile infatti che i bambini con problemi psicologici manifestino il loro disagio attraverso somatizzazioni, come il mal di testa o il mal di pancia o con oscillazioni nel tono dell’umore, difficoltà di socializzazione, difficoltà nel raggiungimento delle autonomie personali o scolastiche.
Tutto questo è il cuore del mio lavoro: comprendere, far comprendere a chi vive e/o lavora con il bambino (genitori, insegnanti etc..), e al paziente stesso, con azioni differenti a seconda dell’età, il cosa e il come del mondo interiore che anima le sue criticità, così da poter modellare insieme un cambiamento che porti a una condizione di benessere di tipo olistico.
• 𝐄̀ 𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐚𝐢 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐥𝐞𝐢 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐚 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐳𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚?
– In parte è vero, perché non li creo dai loro racconti ma dalle suggestioni del mio lavoro di terapeuta. Da esso traggo spunti e scelgo i valori e i contenuti su cui sento che c’è bisogno di porre un focus più mirato e spesso i miei personaggi hanno dei tratti di alcuni dei miei ragazzi, in un’ottica salvifica delle loro enormi sfaccettature e potenzialità.
• 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐞 “𝐋’𝐢𝐬𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐇𝐞𝐭𝐚”?
– Ho iniziato a scrivere seguendo un consiglio che spesso mi trovo a dare ai miei giovani pazienti: nei momenti di difficoltà, cerca comunque il lato bello e positivo e, se non lo vedi fuori, costruiscilo dentro di te.
Così nasce l’idea di un altro universo, un’altra dimensione in cui immergersi per trovare nuova linfa e trasmetterla agli altri.
“Esistono tanti mondi quanti ne puoi immaginare”… Heta è il mio, ma la scrittura apre sempre porte su nuovi mondi, è solo questione di lasciarsi andare.
• 𝐒𝐮𝐨 𝐦𝐚𝐫𝐢𝐭𝐨 𝐞̀ 𝐝𝐢 𝐬𝐨𝐬𝐭𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐢𝐭𝐚̀ 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐚𝐫𝐢𝐚?
– Sì, molto. Lui è il mio beta reader, il critico più severo, senza il quale nulla esce dal PC per essere poi letto da editor o altri.
Allo stesso tempo, da quando siamo diventati genitori, è la mia spalla, mi permette di avere degli spazi per scrivere, occupandosi delle bimbe in modo stupendo.
• 𝐋𝐚 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐞 𝐥𝐚 𝐟𝐞𝐝𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞?
– Se uso un approccio razionale alla domanda mi viene da dire di sì, ma nella misura in cui si accetta la scienza (e la fantascienza) come un costrutto mentale che funziona seguendo le regole della natura, e la religione come qualcosa che trasversalmente supporta l’umano sentire.
Devo dire però, che sposando un approccio più emotivo alla domanda, in me esse convivono bene. Non posso parlare per il sentire di altre persone perché trovo che la fede sia un argomento di estrema intimità e che meriti molto cura e cautela nel maneggiarla. Però per la mia storia personale sento che entrambe hanno un posto nel mio vivere quotidiano, e l’una alle volte supporta l’altra, arricchendola.
• 𝐏𝐮𝐨̀ 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐢 𝐞𝐬𝐞𝐦𝐩𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐟𝐚 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐭𝐚̀ 𝐨𝐠𝐠𝐢?
– Correva l’anno 1870 quando il genio di Jules Verne, considerato padre della fantascienza, mise nero su bianco l’idea del Nautilus, una nave sottomarina dove il mitico Capitano Nemo abitava eleganti stanze, in grado di muoversi “20 mila leghe sotto i mari”. Il Nautilus era un sottomarino a propulsione elettrica, che utilizzava batterie di sodio mercurio. Sappiamo bene come è andata a finire molto tempo dopo…
Oppure se vogliamo essere più “attuali” pensiamo a Chat GBT, le AI social, i robot camerieri… viviamo in uno spin off delle idee degli autori sci-fi.
È proprio vero allora che la letteratura plasma la società.
• 𝐂𝐡𝐞 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐡𝐚 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐯𝐞𝐧𝐭𝐨 “𝐒𝐭𝐫𝐚𝐧𝐢𝐦𝐨𝐧𝐝𝐢” 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭’𝐚𝐧𝐧𝐨?
– Io amo Stranimondi, da sempre, anche da prima di essere scrittrice del genere. È un momento unico in cui si trovano volti amici, si stringono legami e nuove amicizie con autori, editori e lettori.
Quest’anno è stato un po’ più caotico perché gli stand erano molti e anche gli eventi, ma il clima di fondo era sempre quello della condivisone di universi letterari e di passione, perciò lo ho apprezzato tantissimo.
• 𝐋𝐞 𝐞̀ 𝐦𝐚𝐢 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐜𝐨𝐦𝐢𝐧𝐜𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐫𝐥𝐨?
– Mi è successo di desiderare di farlo, ma alla fine li ho sempre portati a termine. Dalle letture “scolastiche”, che venivano imposte e quindi scevre di un gusto personale nella scelta ho appreso che quello che sembra non essere adatto a te o formulato in un modo che non è nelle tue corde, può insegnarti più di ciò che è tuo simile. Ti fa uscire dalla comfort zone, ti spinge a farti domande e a confermare o disconfermare alcune tue idee stilistiche e di contenuti.
• 𝐒𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐢𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐳𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐫𝐠𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐜𝐞𝐠𝐥𝐢𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞?
– Fiabe per bambini, che è quello che faccio già con la casa editrice Tomolo edizioni. Amo il mondo dell’infanzia e penso che la vera prevenzione di molti problemi che viviamo e subiamo in questo periodo buio di guerre, violenza, femminicidi, anedonia e chiusura emotiva, possa passare attraverso la narrazione, intesa alla Jung, come scoperta e costruzione di un sano inconscio collettivo.
• 𝐇𝐚 𝐦𝐚𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐩𝐨𝐞𝐬𝐢𝐞?
– No, almeno non intenzionalmente direi. Trovo che il mondo della poesia abbia un fascino legato al pensiero astratto, alle parole che diventano immagini, diventando poi contenitori di enormi non detti che risuonano nelle strutture poetiche. Un’arte che ammiro ma di cui non sono autrice.
• 𝐀 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐚 𝐞̀ 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐭𝐚?
– Alda Merini, Baudleaire, ma anche Trilussa e Rodari… Non ho una preferenza, mi basta che il contenuto funzioni da cassa di risonanza in me per qualcosa e subito me ne innamoro.
• 𝐋𝐚 𝐦𝐢𝐬𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢 𝐢𝐧𝐝𝐮𝐜𝐞 𝐥’𝐮𝐨𝐦𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐚𝐬𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞?
– La miseria induce l’uomo a molteplici cose, ma la differenza non la fa la condizione in cui una persona versa, ma la struttura di personalità, la resilienza, la rete di appoggio… E poi dipende sempre da quale miseria si intende: economica? Cognitiva? Emotiva? Sociale? Hanno tutte impatti differenti. Inoltre, serve contestualizzare in quale fase evolutiva essa si sperimenta perché può rendere più o meno traumatica tale condizione… Una miseria affettivo-relazionale in un bambino nella fascia 0-6 anni può portare a gravi condizioni depressive e o di dipendenza affettiva da adulto…
Purtroppo, o per fortuna l’uomo è il frutto di tantissime variabili intervenienti, interne ed esterne, tali da renderne poco prevedibili gli esiti.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐥𝐞 𝐡𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐬𝐜𝐨𝐩𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚?
– Asimov, un autore che considero completo. Ha scritto oltre 400 libri; non solo di fantascienza, ma anche di storia, di scienze, di matematica, e perfino libri per bambini. Era uno studioso che applicava un metodo rigoroso e creativo allo stesso tempo, un esempio da seguire.
Mi permetto di citarne una frase che considero una guida nelle mie scelte di scrittura “La fantascienza è importante perché combatte la nozione spontanea che ci sia qualcosa di permanente nelle cose, così come sono adesso.”
• 𝐏𝐮𝐨̀ 𝐝𝐞𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐜𝐢 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐚𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝐯𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐞𝐧𝐚 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨?
– Gioia mista a imbarazzo, ero felicissima ma anche spaventata dal far leggere il mio mondo agli altri. In un’epoca di tuttologi e leoni da tastiera, in cui spesso ci si impegna per dire cosa non piace e si tralasciano i giudizi positivi e la gentilezza, avevo timore di vivere male le critiche e le recensioni negative. Per fortuna così non è stato e ho scoperto una realtà più accogliente di quanto mi aspettassi, sia nei lettori che negli altri autori.
• 𝐏𝐨𝐢 𝐞̀ 𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐭𝐞𝐭𝐫𝐚𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐦𝐚𝐢?
– La tetralogia è nata per esigenze “editoriali”. La storia era complessa e meritava un respiro più ampio, con la mia editor Silva Ganzitti abbiamo pensato che meritasse un approfondimento sia in termini di trama che di world buildinig. Pertanto, così da concedere il giusto spazio a tutti gli elementi narrativi, abbiamo progettato una saga.
• 𝐄𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐞𝐬𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐈𝐬𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐇𝐞𝐭𝐚?
– In parte sì, amore amicizia, lealtà, patria…
Heta narra il classico “viaggio dell’eroe” e l’epilogo è la forza dell’essere umani. Umani inteso come vulnerabili, di carne e ossa, ma anche come senso di umanità, di comprensione, di empatia che ci spinge a dare di noi più di quello che ci credevamo in grado di dare, che ci sprona ad andare avanti nonostante tutto. Non a caso questa mia saga è dedicata alle persone comuni, che eroicamente affrontano le loro vite giorno dopo giorno senza l’atto di eroismo estremo ma con dignità e amore per loro stessi e per il prossimo.
• 𝐓𝐫𝐚 𝐥𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨 𝐯𝐢𝐫𝐭𝐮̀ 𝐪𝐮𝐚𝐥 𝐞̀ 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐭𝐚 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞?
– Non posso sceglierne una…e nemmeno solo quattro… giustizia, equità, inclusione, forza, costanza, lealtà, temperanza, prudenza… e molto ancora. Spero che siano tutte sfaccettature che si riescano a estrapolare dai vari personaggi delle mie opere.
• 𝐃𝐚 𝐩𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐜𝐡𝐢 𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐚?
– Avevo paura del buio… che ragionandoci poi da grande era la paura del “non noto”, del non avere il controllo e non potermi proteggere…
• 𝐄̀ 𝐬𝐨𝐫𝐩𝐫𝐞𝐬𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨?
– Sorpresa, grata, intimorita anche. Spero di continuare a meritarlo passo passo nei progetti futuri.
• 𝐀 𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚?
– La dedico a tutti gli scrittori, creatori di mondi dalle molteplici sfaccettature, che allietano il presente di chi ancora cerca la felicità in una pagina scritta.

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