Intervista a Daniele Astolfi

𝐋’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐭𝐞𝐝𝐢̀
𝗗𝗮𝗻𝗶𝗲𝗹𝗲 𝗔𝘀𝘁𝗼𝗹𝗳𝗶
𝑎 𝑐𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑇𝑜𝑛𝑖 𝐹𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑖
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𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚?
– Naturalmente bisogna avere una spiccata curiosità, amore per la lingua italiana e capacità di sintesi. Esistono fortunatamente tanti spazi dove poter esercitare questa passione (on-line, carta stampata, tv locali ecc.). Poi, per diventare giornalista basta seguire le normali procedure (esame ecc.) previste dall’Odg.
• 𝐍𝐨𝐧 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐬𝐢𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐢𝐫𝐞 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐢𝐝𝐞𝐫𝐞?
– L’argomento è serio e delicato, difficilmente analizzabile in poche righe. Sarò telegrafico: Fotografare la realtà è il primo compito di un giornalista. Ritengo che occorra essere equilibrati e onesti, possedere un profondo senso di responsabilità per la notizia e verso chi legge. Unire o dividere? L’aspetto fondamentale è che ci sia spazio per feedback di confronto e dialettica. La Comunicazione che troppo unisce mi fa un po’ paura. Sappiamo come Goebbels la usasse in maniera subdola…La libertà d’informazione/critica deve sempre essere accompagnata dall’Etica.
• 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐮𝐥𝐠𝐚 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐟𝐚𝐜𝐢𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐧𝐨𝐭𝐢𝐳𝐢𝐚 𝐧𝐞𝐠𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐚𝐝 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐨𝐬𝐢𝐭𝐢𝐯𝐚?
– La Cronaca dei fatti è fondamentale, specialmente nella divulgazione quotidiana. A volte le notizie negative, specie se enfatizzate, purtroppo fanno più sensazione. La differenza la fa sempre la deontologia che ogni giornalista o testata dovrebbe rispettare, rifuggendo il sensazionalismo. Spesso, in molti organi d’informazione il focus su notizie ‘positive’ è meno attento. Per fortuna esistono tante sezioni, su giornali e tv responsabili, che riservano un giusto spazio alla cultura, alla solidarietà, a gesti umanitari, qualificati ecc. A mio avviso, il problema si presenta quando queste notizie vengono relegate soltanto in ambiti di nicchia. La proliferazione di notizie negative credo sia tuttavia da ricondurre alla natura dell’uomo; per una risposta compiuta dovremmo forse indagare meglio dentro di noi. Purtroppo, le miserie umane sono tante…
• 𝐏𝐢𝐞𝐫𝐨 𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐚 𝐡𝐚 𝐝𝐢𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐛𝐞𝐧𝐞𝐟𝐢𝐜𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐥𝐢 𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫𝐢. 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐩𝐨𝐜𝐡𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐨𝐧𝐨 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐞𝐬𝐞𝐦𝐩𝐢𝐨?
– Lui è stato un giornalista di qualità. Certamente, essere un divulgatore di cultura di quel livello, e di quella empatia, alza in maniera significativa il grado qualitativo del messaggio, del medium e di chi ascolta o legge.
• 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞𝐢 𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚 𝐒𝐚𝐧r𝐞𝐦𝐨 𝐞 𝐩𝐨𝐜𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐜𝐨𝐩𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐚 𝐜𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐮𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’ 𝐔𝐧𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐓𝐚𝐢𝐰𝐚𝐧?
– Sicuramente la scoperta di una soluzione così importante nell’ambito della salute dovrebbe avere una visibilità molto più ampia. Sanremo è invece un evento di evasione. Ogni tanto le persone desiderano rilassarsi con programmi leggeri che le allontanino per qualche ora dalle fatiche del quotidiano.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥 𝐞̀ 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐫𝐭𝐮̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞?
– Il Coraggio. Anche se non è tra le virtù cardinali, aggiungerei la Curiosità, motore di conoscenza.
• 𝐇𝐚 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐮𝐞 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐬𝐭𝐞 𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞𝐥𝐥𝐢𝐭𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨. “𝐒𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐒𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚 𝐃𝐨𝐫𝐚𝐭𝐚” 𝐜𝐨𝐦’𝐞̀ 𝐧𝐚𝐭𝐚?
– La ragione di tutti i miei scritti risiede nella esigenza di salvaguardare la Memoria. Come sottolineo ogni volta, ci sono persone, vicende… che si perdono nelle infinite pieghe della storia, come fossero dimenticate e cancellate. Esse lasciano qualche traccia, ma così debole che è come se non fossero mai esistite. È nostro dovere far riemergere la storia di ogni singolo uomo in modo che l’immanenza, presente in ognuno di noi, non scompaia con la sua temporalità. Nello specifico, si tratta di un diario di mio nonno ritrovato anni dopo, scritto durante la guerra in Africa, prima da soldato combattente e poi da prigioniero. Dopo un calvario lungo sette anni tornò nel suo paese dove lo credevano morto…Ho impiegato più di un anno a leggere quei 114 brandelli di fogli ingialliti. Ci sono storie che nascono in un luogo ben preciso, ma che rappresentano l’identità di tutti gli italiani.
• 𝐄 𝐢𝐥 𝐂𝐚𝐬𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐈𝐧𝐠𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐜𝐞𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐮𝐧 𝐢𝐧𝐠𝐚𝐧𝐧𝐨?
– Assolutamente si. In un casolare del bosco teramano tre uomini innocenti furono vittime di un tranello e poi trucidati con violenza disumana. Ci sono documenti e testimonianze attendibili sul terribile fatto. E poi, come dice Mattarella “Non si cancellano pagine di storia tragiche e colpevolmente dimenticate” per 80 anni.
• 𝐄̀ 𝐚𝐥 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐝𝐢 𝐬𝐢𝐦𝐢𝐥𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐝𝐮𝐭𝐨 𝐚𝐝 𝐀𝐫𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐬𝐢 𝐞̀ 𝐯𝐞𝐫𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐚 𝐏𝐞𝐬𝐜𝐚𝐫𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐳𝐨𝐧𝐚 𝐝𝐢 𝐒𝐚𝐧 𝐒𝐢𝐥𝐯𝐞𝐬𝐭𝐫𝐨?
– Se si riferisce alla triste vicenda avvenuta la notte di Natale del 1943, con i tedeschi che circondarono la chiesa di San Silvestro per catturare tutti i maschi, poi trasferiti forzatamente nelle trincee di Vacri, le dico che sto lavorando su un libro che racconta anche di questa triste storia. Dovrebbe uscire a fine anno, Solfanelli permettendo.
• 𝐄̀ 𝐬𝐨𝐫𝐩𝐫𝐞𝐬𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐢 𝐝𝐮𝐞 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢?
– Non ci credevo fino a quando non ho letto la commozione sul volto di ognuna delle tante persone che hanno seguito le mie presentazioni.
• 𝐀 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐮𝐞 𝐞̀ 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐭𝐨?
– Mi suscitano sensazioni diverse. Ogni volta che parlo di Sotto la sabbia dorata mi commuovo, quando invece presento Il casolare dell’inganno, una rabbia interiore mi assale.
• 𝐓𝐫𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐛𝐫𝐚𝐜𝐢𝐨𝐥𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐛𝐫𝐚𝐜𝐞 𝐞 𝐮𝐧 𝐭𝐢𝐫𝐚𝐦𝐢𝐬𝐮̀ 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫𝐢𝐬𝐜𝐞?
– Un tiramisù. Adoro i dolci. Troppo.
• 𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐞 𝐩𝐢𝐚𝐜𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞?
– Sono istintivo. Tuttavia, ho maturato un po’ di pazienza con l’età.
• 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐚 𝐥𝐞 𝐬𝐮𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐬𝐢𝐞? 𝐈𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐞𝐬𝐬𝐨𝐫𝐞 𝐕𝐢𝐭𝐨 𝐌𝐨𝐫𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐝𝐢𝐜𝐞𝐯𝐚 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐚𝐬𝐜𝐢𝐚𝐫𝐥𝐞 𝐦𝐚𝐢 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐬𝐬𝐞𝐭𝐭𝐨.
– Non credo di essere bravo, anche se ne ho scritte tante quando ero ragazzo e attraversavo momenti di inquietudine ‘giovanile’. Sono piene di spleen…Debbo però riconoscere che si sono rivelate ‘terapeutiche’. Comunque, le porto sempre dentro di me anche perché, come dicono Zweig e Rilke, ‘si amano i propri dolori più di quanto si amino le proprie gioie’. Comunque, prima o poi ascolterò il consiglio del nostro grande intellettuale Vito Moretti. È stato meraviglioso la scorsa settimana ascoltare tutte quelle nobili testimonianze durante la commemorazione a cinque anni dalla Sua scomparsa.
• 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐥𝐞 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐩𝐢𝐚𝐜𝐢𝐮𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚𝐫𝐞, 𝐢𝐞𝐫𝐢 𝐞 𝐨𝐠𝐠𝐢?
– Del passato Marcel Proust. Ho letto La Recherche du temp perdu che mi ha catturato per due anni e mezzo. Splendide le note di Giovanni Raboni. Enrico Rulli mi ha raccontato di averlo conosciuto. Beato lui! James Joyce è un altro tra i miei preferiti. Poi Pietro Citati. Anche Umberto Eco, i cui libri sono meravigliosi. Naturalmente adoro Il nome della rosa, una summa di storia, arte, teologia e filosofia. Oggi intervisterei il fisico Carlo Rovelli, Liliana Segre e Giancarlo Giuliani.
• 𝐀 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐨𝐞𝐭𝐚 𝐞̀ 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐭𝐨?
– Giacomo Leopardi, il Pessimismo Cosmico mi ha affascinato. E poi mi piace il verso ‘…piacer figlio d’affanno’. Altri due poeti che adoro, Rilke e De Musset.
• 𝐂𝐡𝐢 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞 𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞 ‘𝐮𝐧 𝐮𝐨𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐪𝐮𝐢𝐞𝐭𝐨, 𝐢𝐦𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐭𝐭𝐨, 𝐦𝐚 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐭𝐢𝐜𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐢𝐧𝐜𝐞𝐫𝐨’. 𝐂𝐡𝐞 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐨𝐧𝐝𝐞?
– Difficile sintesi, ma calzante.
• 𝐀𝐦𝐚 𝐥𝐨 𝐬𝐩𝐨𝐫𝐭?
– Certo. Il calcio. Sport individuale e di gruppo insieme. Sono stato allenatore del Chieti Berretti e del Francavilla di Emidio Luciani (brutta esperienza quella, retrocedemmo…) e della rappresentativa giornalisti abruzzesi. Mi piace il tennis, ma sono un tennista incapace! Come tutti, adoro Sinner.
• 𝐄̀ 𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐮𝐧 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐢𝐬𝐭𝐚?
– Quando ero ragazzo ho iniziato a cantare in alcune band rock-pop. L’ultima bella esperienza con i Dandy, una cover band che proponeva musica anni ’80: Duran Duran, REM, Simple minds, U2 …
• 𝐂𝐡𝐞 𝐫𝐮𝐨𝐥𝐨 𝐡𝐚 𝐥𝐚 𝐟𝐞𝐝𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚?
– Da ragazzo non sono stato un credente. Il mio passato… conflittuale soprattutto verso me stesso…Un po’ di traversie, ho fatto dannare i miei genitori, a scuola sono stato respinto due volte, troppe assenze. Oggi, invece, sono più sereno. Mi piace raccogliermi in preghiera solitaria nelle chiese che visito dovunque io mi trovi. La fede è molto intima, la scopro nel mio respiro nascosto… vi trovo calore, serenità e pace.
• 𝐀 𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚?
– A Donatella, mia fantastica amata.

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